Oceani by Sandro Carniel

Oceani by Sandro Carniel

autore:Sandro Carniel
La lingua: ita
Format: epub
editore: Hoepli


Questione di brand

Le barriere coralline tipiche dei mari tropicali nella loro totalità sono degli imponenti depositi di carbonato di calcio, prodotti principalmente dagli scheletri calcarei dell’ordine delle madrepore (classe degli antozoi) ma anche da altri organismi in grado di depositare carbonati. Anche qui, e quasi ovunque alle Hawaii, un importante contributo alla crescita della scogliera arriva dai vegetali, quali le alghe rosse calcaree.11 Sono degli organismi molto antichi, anch’essi biocostruttori (l’altra metà del cielo rispetto ai biodemolitori!), che secernono carbonati durante la loro crescita e si insediano allegramente favorendo la cementazione delle strutture create dai coralli.

Gli ambienti che si vengono così a formare sono molto vari per forma e tipologia; la scogliera di Hanauma si apre verso il mare aperto lungo linee preferenziali che alla fine possono ricordare un pizzo. Tutti comunque diventano a loro volta habitat e rifugio per quegli organismi che partecipano alla strutturazione di un equilibrio ecologico tra i più complessi e affascinanti del mondo.

Usare il termine “barriera corallina” senza qualche precauzione rischia allora di essere un poco improprio; nonostante sia popolata da molti pesci, animali sedentari e concrezioni, e a molti snorkelisti sembri già una favola, in realtà nella maggior parte dei casi l’area più verso costa dei reef, dove basta appunto un boccaglio per divertirsi rimanendo a pelo d’acqua, vede spesso la presenza di sabbia e di coralli sgretolati o fossili, quindi in buona sostanza morti.

È invece nella zona più profonda dove mi trovo ora per l’ultima parte dell’immersione e che si estende fuori dalla baia, esposta al mare aperto, che si trovano i coralli ancora vivi, quelli, per così dire, “originali”.

Bastano pochi secondi per capire quanto la ricchezza di vita dell’outer reef sia di molto superiore a quella (già notevole) che caratterizza la sua parte interna. E bastano poche faticose pinnate a ricordare quanto la scogliera esterna sia utile a proteggere il litorale da un’erosione eccessiva, assorbendo molta dell’energia delle onde che in questa parte della baia hanno altezze molto significative che si “sentono” anche parecchi metri sott’acqua.

I colori e le forme di vita si moltiplicano e aumentano ulteriormente. Di colpo mi trovo davanti una trentina di pesci farfalla (Chaetodontidae) così chiamati perché hanno una tipica livrea variopinta, con bande o macchie orizzontali, verticali o diagonali, simili a quelle che si possono riscontrare sulle ali di molte farfalle. Hanno una caratteristica pinna caudale a forma rotonda ma mai biforcuta. Arrivano a misurare fino a 25 cm di lunghezza, e quelli che ho davanti in particolare sono facilmente riconoscibili. Giallo brillante, nero e bianco (in prossimità degli occhi) sono i colori che li contraddistinguono, e proprio per la loro colorazione scura esattamente sopra gli occhi vengono soprannominati spesso “pesci farfalla procione”. In hawaiano sono detti Kikakapu e non vengono solitamente consumati come cibo. Si cibano soprattutto di coralli, piccoli invertebrati marini e alghe, di solito non gradiscono cenare tardi e di sera si ritirano presto.

Sembra incredibile poter osservare una tale varietà di forme di vita spostandosi solo di 10-15 metri lungo la verticale rispetto al pelo libero dell’acqua.



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